L’assegnazione della casa coniugale

Una delle questioni più ricorrenti e dibattute nell’ambito dei giudizi di separazione e divorzio è relativa all’assegnazione della casa coniugale.

La legge prevede che l’abitazione già coniugale possa essere oggetto di attribuzione nei procedimenti di tal tipo soltanto in presenza di figli minorenni o maggiorenni non economicamente indipendenti a condizione che essi convivano con il genitore richiedente.

Viceversa, in caso di assenza dei figli, la casa coniugale non può essere assegnata nell’ambito di tali procedimenti non sussistendo interesse prioritariamente tutelato idoneo a consentire il superamento delle regole ordinarie legate al diritto di proprietà o altri titoli di riferimento.

In ogni caso, comunque, la casa coniugale può essere attribuita dal giudice all’uno o all’altro genitore anche laddove i medesimi non siano coniugati, ma abbiano prole in comune.

L’art. 337-sexies c.c. sancisce che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà (…)”.

Nell’ipotesi di un figlio maggiorenne, la nozione di convivenza rilevante ai fini dell’assegnazione della casa familiare ex art. 337-sexies c.c. comporta la stabile dimora del figlio medesimo presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell’ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, venendosi invece a configurare in tal caso un rapporto di mera ospitalità. Si rende pertanto opportuno il sussistere di un “collegamento stabile con l’abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese)” (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 17/06/2019, n. 16134).

La ratio della norma è ravvisabile nell’esigenza di garantire ai figli la conservazione dell’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 13/12/2018, n. 32231).

Megiudice deve determinare la misura dell’assegno in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato, per quanto attiene l’assegnazione della casa familiare – già prevista dall’art. 155-quater c.c., introdotto dalla legge n. 54 del 2006, ed ora 337-sexies c.c., introdotto dall’art. 55 del D.lgs. n. 154 del 2013 – questa è unicamente rivolta alla finalità di tutela della prole, non potendo essere disposta come se fosse una componente dell’assegno di mantenimento.

A tal proposito la giurisprudenza ha escluso il dover sussistere di un nesso di necessaria conseguenzialità o automaticità, sul piano logico-giuridico, tra il provvedimento di assegnazione della casa coniugale (o di revoca della stessa) e l’assegno di mantenimento, tale che il primo determini un obbligo del giudice di rivalutazione o adeguamento delle statuizioni economiche nei rapporti tra i coniugi (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 20/07/2020, n. 15397).

L’’art. 337 sexies stabilisce che il diritto al godimento della casa venga meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Tale disposizione è stata ritenuta da molti incostituzionale, in quanto ritenuta pregiudizievole sul diritto dei figli costretti a “subire” le conseguenze delle condotte del genitore assegnatario.

La Corte Costituzionale (Corte cost., 30/07/2008, n. 308) ha tuttavia dichiarato non trattarsi di una norma incostituzionale dal momento non conterrebbe alcun automatismo, attribuendosi piuttosto al giudice il potere di rivalutare la situazione decidendo se l’abitazione coniugale mantenga nel caso specifico il suo significato nell’interesse dei figli.

Al momento in cui l’abitazione coniugale viene assegnata in godimento a uno dei due coniugi, non sarà possibile per l’altro portare via i mobili che lo arredano, in quanto l’oggetto dell’assegnazione non è l’immobile spoglio, bensì il complesso di beni funzionalmente organizzato per assicurare l’esistenza domestica della comunità familiare.

Il coniuge che sottrae beni mobili dalla casa coniugale assegnata all’altro coniuge separato consuma il delitto di appropriazione indebita (Cass. pen., Sez. II, Sentenza, 06/12/2012, n. 11276).

Come può desumersi dal principio generale di cui all’art. 818 c.c., l’assegnazione comprende anche le pertinenze, quali un garage funzionalmente e spazialmente collegato alla casa.

In una recente sentenza la Suprema Corte ha stabilito che nel giudizio di separazione personale dei coniugi, l’assegnazione di una porzione della casa coniugale al genitore non assegnatario possa disporsi solo laddove “l’unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia comunque agevolmente divisibile” (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 15/10/2020, n. 22266). Per quanto attiene al regime delle spese, salvo diversa disposizione del giudice nell’ambito della regolamentazione complessiva dei rapporti economici tra genitori, quelle relative alla gestione della casa (spese condominiali e di riscaldamento, bollette relative alle ordinarie utenze ecc) sono a carico del coniuge assegnatario.

Viceversa, le spese condominiali straordinarie, relative ad interventi volti ad arrecare benefici di lunga durata al bene, restano a carico del proprietario (assegnatario o meno).

In tema di IMU, il convivente “more uxorio”, al quale a seguito della cessazione del rapporto viene assegnato l’immobile adibito a casa familiare di proprietà dell’altro convivente, è soggetto passivo di imposta ex art. 4, comma 12-quinquies, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012, il quale, non disciplinando un’ipotesi di agevolazione o di esenzione, può essere interpretato estensivamente includendo nel relativo ambito di applicazione, per “eadem ratio”, anche i rapporti di convivenza (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 30/04/2019, n. 11416).

Nel caso in cui gravi un mutuo sull’abitazione assegnata, laddove i due coniugi l’abbiano acquistata insieme le relative rate dovranno essere pagate per metà da ciascuno dei comproprietari, altrimenti sono a carico del coniuge proprietario.

Di regola le rate non fanno parte dell’assegno mensile, né devono essere computate nel mantenimento, fatta salva la facoltà del giudice di decidere diversamente (Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 03/09/2013, n. 20139).

In ogni caso, il giudice generalmente tiene conto della sussistenza dell’obbligo del pagamento nel mutuo nel momento in cui valuta i redditi e le capacità economiche di entrambe le parti.

Anche se la casa coniugale è oggetto di locazione, questa può comunque essere attribuita in godimento ad uno dei coniugi.

Laddove il l titolare del rapporto fosse il coniuge non assegnatario, il provvedimento del giudice determina la cessione ex lege del contratto in favore dell’assegnatario.

Un’altra ipotesi molto frequente rappresenta il caso in cui la casa coniugale sia di proprietà dei nonni e questi ne chiedano il rilascio a seguito della separazione: in tal caso si applica il regime del comodato con vincolo di destinazione. Salvo urgente e imprevisto bisogno dei richiedenti, il bene non potrà dunque essere restituito fino a che non sia esaurito lo scopo per il quale sia stato concesso, ossia fornire una dimora al nucleo familiare.

Nel caso in cui la casa coniugale venga venduta dal coniuge proprietario non assegnatario, il coniuge, già comodatario della casa familiare ed assegnatario della stessa in forza di provvedimento giudiziale adottato nell’ambito di procedura di separazione personale, può opporre il proprio titolo – ma solo entro il limite del novennio decorrente dalla sua adozione – al terzo acquirente il medesimo bene, ancorché la trascrizione del titolo di acquisto di quest’ultimo sia anteriore a quella del menzionato provvedimento giudiziale (Cass. civ., Sez. VI – 3, Ordinanza, 17/03/2017, n. 7007).

Ad avviso della giurisprudenza di legittimità, in ragione dell’interesse prioritario della prole,i fini della revoca dell’assegnazione della casa coniugale al coniuge assegnatario convivente con i figli, si rende necessario un “accertamento rigoroso del venir meno dell’esigenza abitativa con carattere di stabilità, e dunque di irreversibilità nonché dei sopravvenuti fatti modificativi delle condizioni economiche di ciascuno dei coniugi, in funzione dell’eventuale adeguamento delle statuizioni economiche” (Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 30/07/2020, n. 16286).



Hai bisogno di una Consulenza Legale?

Compila il Form e prendi un appuntamento con un nostro professionista
Please install and activate the "Contact form 7" plugin to show the contact form.