Greenwashing: cos’è, esempi e come riconoscerlo

Negli ultimi anni, il concetto di sostenibilità ha assunto un ruolo sempre più centrale. Le aziende, consapevoli dell’importanza di adottare pratiche eco-friendly e di rispettare criteri sociali ed etici, spesso si presentano al pubblico come attente e sensibili alla tematica attinente la sostenibilità, promuovendo in merito diverse forme di comunicazione e marketing. Tuttavia, dietro queste dichiarazioni di intenti, si cela talvolta una realtà ben diversa e caratterizzata da azioni non molto sostenibili o, nei casi più gravi,  addirittura dannose per l’ambiente e la società. Questo fenomeno integra ciò che è meglio conosciuto con il termine “greenwashing”.

Cosa si intende per Greenwashing

Il termine “greenwashing” indica una pratica di comunicazione e/o marketing attraverso la quale un’azienda o un’organizzazione promuove se stessa, i propri prodotti o i propri servizi presentandoli come sostenibili o socialmente responsabili, sebbene le sue azioni o gli impatti sull’ambiente e sulla società non corrispondano a tali dichiarazioni. In altre parole, il greenwashing consiste nell’esaltare in modo fuorviante l’attitudine alla salvaguardia dell’ambiente al fine di attrarre consumatori, investitori o altri stakeholder, senza effettivamente apportare cambiamenti significativi o sostenibili alle proprie pratiche aziendali.

Quando è nato

Il concetto di greenwashing ha radici profonde che risalgono agli anni ’60 e ’80, quando comincia ad emergere la consapevolezza pubblica riguardo alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità delle imprese. Tuttavia, il termine “greenwashing” è stato coniato per la prima volta negli anni ’80 dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld che criticò le catene alberghiere per aver utilizzato pratiche che, sebbene presentate come ecologiche, avevano principalmente motivazioni economiche.

Un’evoluzione che dura nel tempo

La pratica del greenwashing ha continuato a evolversi nel tempo, con le aziende che cercano di capitalizzare la crescente domanda di prodotti e di comportamenti rispettosi dell’ambiente portando all’utilizzo di informazioni fuorvianti al fine di nascondere comportamenti non virtuosi dietro un apparente ecologismo.

Normative e direttive in materia di Greenwashing

La normativa relativa al greenwashing ha assunto un’importanza sempre più rilevante negli ultimi anni in risposta alla crescente consapevolezza pubblica sull’ambiente ed alla necessità di tutelare i consumatori da informazioni fuorvianti. Nel marzo del 2023, ad esempio, la Commissione europea ha proposto nuovi criteri comuni per contrastare il greenwashing e le asserzioni ambientali ingannevoli, approvati successivamente dal Parlamento europeo a maggio 2023. Questa iniziativa è stata motivata dal desiderio di arginare il fenomeno del greenwashing, soprattutto alla luce dei risultati emersi a seguito di uno studio condotto dalla Commissione del 2020 il quale ha rivelato che oltre il 53% delle asserzioni ambientali esaminate nell’UE erano vaghe, fuorvianti o del tutto infondate.

Nel contesto nazionale, la tutela del consumatore contro il Greenwashing inizia ad affacciarsi con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 74/1992, in attuazione della direttiva europea 84/450/CE modificata dalla direttiva 97/55/CE, nell’ambito del quale viene disciplinata la c.d. “pubblicità ingannevole” – novellata con d.lgs. 145/2007; seguiva l’introduzione del Codice del Consumo (d.lgs. n. 206/2005) nel quale la tematica viene affrontata nell’ambito del dispositivo dell’art. 2 che sancisce il diritto dei consumatori alla tutela della salute, della sicurezza e della qualità dei prodotti e dei servizi, all’adeguata informazione e corretta pubblicità nonché alla correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali. Si arriva così al 2014, anno in cui con la pubblicazione della 58esima edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, si introduce per la prima volta il concetto di abuso di dichiarazioni “sostenibili”. 

Guardando invece al contesto europeo, oltre alle richiamate direttive, l’attenzione si concentra sugli impegni inclusi nella nuova agenda dei consumatori dell’UE (2020/2025) e sull’approvazione del Green Deal da parte della Commissione Europea, giungendo infine, alla recentissima Direttiva UE 2024/825 del 28 febbraio, la quale si pone l’obiettivo di proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali scorrette, includendo divieti sull’obsolescenza programmata e restrizioni all’utilizzo di affermazioni ambientali fuorvianti.

Tipologie di Greenwashing

La pratica del greenwashing può assumere varie forme, ognuna delle quali mira ad ingannare i consumatori o gli investitori sulla reale sostenibilità delle azioni o dei prodotti di un’azienda. Una recente analisi condotta da Planet Tracker ha identificato sei tipi principali di greenwashing, ognuno dei quali rappresenta un’ulteriore sfida nell’individuare e contrastare questa pratica diffusa:

  • Greencrowding: Questa strategia si basa sull’idea che un’azienda possa “nascondersi nella folla”, cioè tra le altre aziende che si impegnano per la sostenibilità.
  • Greenlighting: Si verifica quando un’azienda, attraverso la comunicazione, evidenzia una singola caratteristica “verde” delle proprie operazioni o dei propri prodotti, anche se minima, allo scopo di distrarre l’attenzione da altre attività dannose per l’ambiente svolte dall’azienda stessa.
  • Greenshifting: In questa pratica, le aziende cercano di scaricare la responsabilità per l’impatto ambientale sui consumatori, attribuendo loro la colpa anziché assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Questo può avvenire attraverso la pubblicità o la comunicazione che enfatizza il ruolo dei consumatori nel ridurre l’impatto ambientale, senza affrontare le azioni necessarie da parte dell’azienda stessa.
  • Greenlabelling: Si tratta di un’azione ingannevole in cui i professionisti del marketing utilizzano termini “green” o “ecologici” per denominare un prodotto o un servizio, anche se un’analisi più approfondita rivela che le loro affermazioni sono fuorvianti o non supportate da evidenze concrete. Questo tipo di greenwashing mira a sfruttare la percezione positiva associata ai termini ambientali senza fornire realmente una sostenibilità significativa.
  • Greenrinsing: Questo termine si riferisce alle aziende che cambiano regolarmente i propri obiettivi ESG (Ambiente, Sociale e Governance) prima di raggiungerli effettivamente. In altre parole, le aziende possono pubblicizzare obiettivi ambiziosi di sostenibilità senza impegnarsi seriamente per raggiungerli, cambiando continuamente le proprie dichiarazioni senza fornire risultati concreti.
  • Greenhushing: Questo tipo di greenwashing riguarda i comportamenti delle aziende che  nascondono o non dichiarano apertamente le proprie credenziali di sostenibilità al fine di eludere il controllo degli investitori o di evitare di essere valutati in base agli standard ESG.

Greenwashing Esempi

In questo paragrafo eviteremo di menzionare specifiche aziende e ci concentreremo invece su esempi generali per illustrare il concetto di greenwashing. Ecco alcuni esempi:

  • Packaging “Eco-friendly”: Un’azienda potrebbe promuovere il suo impegno ambientale attraverso l’uso di packaging “eco-friendly” o “biodegradabile” ma potrebbe utilizzare materiali non veramente biodegradabili o utilizzare una quantità minima di materiali sostenibili rispetto alla quantità totale di imballaggi prodotti.
  • Emissioni ridotte: Un’azienda potrebbe dichiarare di ridurre le proprie emissioni di carbonio ma potrebbe trascurare di considerare le emissioni generate lungo l’intera catena di approvvigionamento, inclusi fornitori esterni e il trasporto dei prodotti.
  • Certificazioni ambigue: Un’azienda potrebbe utilizzare certificazioni o etichette ambientali ambigue o poco chiare che possono essere fuorvianti per i consumatori. Queste etichette possono dare l’impressione di sostenibilità senza fornire informazioni concrete sulle pratiche effettive dell’azienda.
  • Campagne pubblicitarie emotive: Un’azienda potrebbe creare campagne pubblicitarie che enfatizzano il suo impegno per l’ambiente o mostrano immagini di natura e biodiversità ma potrebbero trascurare di comunicare in modo trasparente le azioni concrete che sta intraprendendo per ridurre il suo impatto ambientale.
  • Greenwashing attraverso il marketing influencer: Un’azienda potrebbe utilizzare influencer o personalità famose per promuovere i suoi prodotti o servizi come ecologici o sostenibili creando così una percezione positiva senza necessariamente avere una base solida per tali affermazioni.
  • Iniziative di volontariato: Un’azienda potrebbe promuovere le sue iniziative di volontariato o di beneficenza legate all’ambiente come parte del suo impegno per la sostenibilità ma potrebbe trascurare di affrontare le cause principali dei problemi ambientali associati alle sue attività principali.

Essere consapevoli di questi segnali potrà aiutare i consumatori e gli investitori a valutare in modo critico le affermazioni ambientali delle aziende e a fare scelte più informate e responsabili.

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Avv. Adele Antonini