Lo stallo decisionale in ambito societario e la clausola statutaria “Russian Roulette”

Accade di frequente di assistere a situazioni di “stallo” nelle società, intendendosi per tale una situazione, non episodica, in cui risulti impossibile formare una maggioranza in seno all’Assemblea dei soci o all’organo amministrativo. Si pensi alla classica ipotesi di soci con quote paritetiche (due soci al 50%, oppure 4 soci con il 25% ciascuno etc; ma può valere, per le decisioni che richiedono una maggioranza qualificata, anche per 3 soci con quote uguali) che si trovi “paralizzata” dalla divergenza di vedute tra gli stessi in merito ad una determinata delibera assembleare.

Una situazione di “stallo”, oltre a recare pregiudizio all’attività e al rendimento della società, se non affrontata adeguatamente e tempestivamente, potrebbe portare anche allo scioglimento della stessa, integrando una delle ipotesi di cui all’art. 2484, co. 1, c.c. (ossia la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, la continua inattività dell’Assemblea o l’impossibilità di funzionamento della stessa).

Stallo della società: come prevederlo?

Per prevenire il potenziale “blocco” della società è consigliabile prevedere, già nello statuto, delle clausole anti-stallo. 

Diverse sono le clausole che operano ex post con una ridistribuzione delle partecipazioni tra i soci, quali la Russian Roulette. Tali clausole, che rappresentano quindi dei rimedi che sciolgono il rapporto con alcuni soci, vengono chiamate buy and sell agreement, in quanto, seppur con alcune differenze, si realizzano tramite operazioni di vendita e acquisto, successivamente ad uno stallo gestorio o decisionale.

La cd. “Russian Roulette”, consente ad un socio di dichiararsi disponibile ad acquistare la partecipazione dell’altro ad un determinato prezzo ed al socio destinatario dell’offerta di decidere se vendere la propria partecipazione a quel prezzo oppure acquistare la partecipazione dell’offerente allo stesso prezzo. La Russian Roulette è retta dalla cd. “cake-cutting rule”, in base alla quale è colui che riceve l’offerta a decidere dell’esito della procedura, con la conseguenza che l’offerente, in ragione dell’esito incerto, è stimolato a proporre un prezzo equo per la partecipazione.

Tuttavia, la tecnica contrattuale ha elaborato diverse varianti di Russian Roulette, ad esempio, accompagnandola ad un meccanismo d’asta al rialzo: in tal caso, generalmente, si prevede che colui che riceve la proposta di acquisto/vendita, nell’ipotesi in cui non intenda accettarla, dovrà formulare una contro-proposta di vendita/acquisto ad un prezzo più alto di quello individuato dall’offerente; a sua volta l’offerente originario, laddove non intenda accettare la contro-offerta, potrà formularne una nuova ad un prezzo ancora più elevato, e ciò potenzialmente all’infinito.

E’ legittima la clausola della c.d. Russian Roulette?

La Russian Roulette, è stata oggetto di interpretazioni giurisprudenziali ed ha indubbiamente sollevato un ampio dibattito in merito alla sua validità in termini di liceità e di rispondenza ad interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento.

Sul punto, è bene premettere che la finalità stessa della clausola, cioè la risoluzione dello stallo decisionale a tutela dell’affare comune, appare certamente meritevole di tutela da parte dell’ordinamento in quanto consente, da un lato, di salvaguardare il progetto imprenditoriale e, dall’altro, di evitare i costi e i tempi della procedura di liquidazione della società (Tribunale di Roma, sentenza n. 19708/2017).

Tuttavia, il dibattito intorno alla clausola verte su ulteriori profili e possiamo analizzare i diversi orientamenti interpretativi.

Trattandosi di clausola che prevede un meccanismo di exit forzata, talvolta è stato richiesto il rispetto del principio di equa valorizzazione della partecipazione, come ribadito da un recente orientamento del Collegio Notarile di Milano.

Occorre allora chiedersi se sia necessario strutturare la clausola prevedendo dei meccanismi di predeterminazione del prezzo di acquisto/vendita, ad esempio prevedendo un corrispettivo minimo da indicare nell’offerta, determinato d’accordo tra le parti, oppure facendo ricorso ai criteri di determinazione del valore stabiliti per il recesso, etc.

Ebbene, in merito al principio di “equa valorizzazione” della partecipazione sociale, questo deve essere letto nell’ottica della libertà negoziale riconosciuta al socio; il Tribunale di Roma ritiene infatti che “le parti libere di disporre dei propri diritti e consapevoli delle proprie dichiarazioni negoziali possono affidare l’equilibrio negoziale non già alla predeterminazione dei criteri sulla base dei quali individuare il prezzo della compravendita, ma, direttamente, al meccanismo (determinazione del prezzo – libertà di scelta) descritto nella clausola antistallo”. (Tribunale di Roma, sentenza n. 19708/2017).

Invero, se si applicassero alla Russian Roulette i criteri di valutazione propri di altre fattispecie si vanificherebbero gli scopi stessi della clausola oltre all’autonomia privata delle parti.

Sul punto è stato sostenuto che “I criteri di valutazione del recesso sono “la consistenza patrimoniale della società”, “le sue prospettive reddituali”, nonché l’“eventuale valore di mercato delle azioni”, senza una gerarchia tra essi. È, invece, evidente che, nella fase liquidatoria, vengono meno le prospettive reddituali della società con la conseguenza che adottare – finanche per la valutazione in termini di validità della clausola – criteri di determinazione del valore della partecipazione che il legislatore ha predisposto (e, evidentemente, limitato) per il caso di recesso (o di riscatto ovvero per gli altri casi in cui la norma sul recesso è richiamata: artt. 2555 bis e 2506 bis c.c.) significa sovrapporre fattispecie diverse e, in particolare, determinare un valore che, all’esito della liquidazione, al socio non andrebbe comunque riconosciuto”.

Conclusivamente, non può ravvisarsi all’interno del diritto societario alcuna norma imperativa implicita che vieti o renda illegittima ex ante una clausola antistallo del tipo della roulette russa anche nel caso in cui la parte titolare del potere di determinare il prezzo non sia soggetta ad alcun criterio obiettivo da seguire e ciò a condizione che la clausola non porti, necessariamente, ad una determinazione iniqua. Ciò che l’ordinamento vuole non è tanto la fissazione di un valore intrinsecamente equo, ma che la clausola pattizia non consenta, a priori, di fissare un valore manifestatamente iniquo” (Tribunale di Roma, sentenza n. 19708/2017).

Questo meccanismo risulta intrinsecamente equilibrato poiché il soggetto che determina il prezzo di fatto agisce al buio non sapendo se il destinatario dell’offerta venderà oppure comprerà allo stesso prezzo e quindi valuterà il corrispettivo nel modo più equo possibile e non in modo meramente arbitrario per non correre il rischio di svendere lui stesso la propria partecipazione al prezzo offerto all’altro socio.   

La medesima posizione è stata sostenuto dal Consiglio Notarile di Firenze e Pistoia nelle massime n. 72 e 73 del 2020.

Mentre un pò diversa è l’interpretazione del Consiglio notarile di Milano, il quale ha sostenuto che la determinazione del prezzo di acquisto delle partecipazioni è soggetta ai criteri disposti per il recesso ex art. 2437 ter, comma 2, c.c. o ai sensi dell’art. 2473, comma 3, c.c.: “ai fini della validità della clausola, che essa contenga l’espresso richiamo del criterio legale di determinazione del valore delle partecipazioni stabilito per il caso di recesso […]. Si deve invero ritenere sufficiente che la clausola sia comunque priva di criteri, regole o meccanismi che portino necessariamente a una valorizzazione iniqua o che comunque impediscano al socio oblato il diritto di ottenere un corrispettivo non inferiore a quello determinabile sulla base del criterio stabilito dalla legge per il caso di recesso o comunque sulla base di un criterio di valutazione stabilito ad hoc dallo statuto, nei limiti di deroga del criterio legale” (Consiglio notarile Milano massima n. 181).

Concludendo, si può ritenere comunque che la predeterminazione di un prezzo minimo non costituisca una condizione di legittimità della clausola; tuttavia, “ciò non esclude la possibilità di integrare la relativa previsione statutaria mediante l’introduzione di soglie minime di prezzo – o di criteri di valutazione […]. In tale prospettiva, non minore attenzione merita la previsione, da un lato, di un adeguato arco temporale accordato al socio oblato per valutare se aderire o meno all’offerta, anche al fine di acquisire la relativa provvista finanziaria; e, dall’altro, di un termine entro il quale deve aver luogo il pagamento del prezzo” (Consiglio Notarile di Firenze, massima n. 73/2020).

Francesca Scappini



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