Licenziamento per superamento del periodo di comporto: la disciplina applicabile alle categorie protette

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto rappresenta un’importante forma di recesso datoriale, applicabile nei casi in cui un dipendente, a causa di malattia o infortunio, superi il limite massimo di assenza stabilito dalla legge, dai contratti collettivi o dagli usi aziendali. Tale procedura, disciplinata dall’art. 2110 del Codice Civile italiano, conferisce al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto senza la necessità di dimostrare giusta causa o giustificato motivo.

Nel contesto delle categorie protette, che includono individui con disabilità o invalidità, il licenziamento per superamento del periodo di comporto assume una complessità aggiuntiva. La normativa del lavoro attribuisce specifiche tutele a queste categorie al fine di garantire l’inclusione e la partecipazione attiva nel contesto professionale, prevenendo discriminazioni e assicurando un trattamento equo.

Le ultime pronunce giurisprudenziali in materia hanno delineato un quadro normativo e interpretativo, affrontando questioni importanti come la computabilità delle assenze legate alle condizioni di disabilità nel periodo di comporto e la necessità di evitare discriminazioni indirette. La giurisprudenza ha sottolineato l’importanza di rispettare il principio di uguaglianza sul luogo di lavoro e di adottare accomodamenti ragionevoli per favorire l’inserimento lavorativo dei dipendenti disabili.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto: cos’è

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una specifica forma di recesso datoriale, applicabile nei casi in cui un lavoratore, a causa di malattia o infortunio, ecceda il periodo massimo di assenza stabilito dalla legge, dai contratti collettivi o dagli usi aziendali. Fondamentalmente, il periodo di comporto rappresenta il limite massimo di non lavoro entro il quale il datore di lavoro non può procedere con il licenziamento del dipendente.

Il lavoratore ha la facoltà, mediante una richiesta scritta prima della scadenza del periodo di comporto, di convertire l’assenza per malattia in ferie, interrompendo così il conteggio del comporto. Tuttavia, il datore di lavoro può declinare tale richiesta.

Una volta superato il periodo di comporto, il datore di lavoro può procedere al licenziamento se l’assenza persiste. È essenziale notare che, in questo contesto, il datore di lavoro non è tenuto a dimostrare ulteriori giustificazioni per il licenziamento, poiché il superamento del periodo di comporto costituisce di per sé un motivo sufficiente. Tuttavia, è richiesto il rispetto del preavviso.

Va sottolineato che il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore che supera il periodo di comporto se la malattia è causata da un ambiente di lavoro nocivo, richiedendo al lavoratore la dimostrazione del nesso causale tra la malattia e le mansioni svolte.

Inoltre, è importante notare che, anche se il lavoratore rientra in servizio dopo il periodo di comporto, il datore di lavoro può ancora procedere al licenziamento. Tuttavia, è fondamentale che il datore dimostri il legame tra il recesso e il superamento del periodo di comporto, garantendo tempestività nel processo decisionale. L’orientamento giurisprudenziale considera la tempestività con flessibilità, valutando tutte le circostanze del caso.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto: normativa di riferimento

La disciplina relativa al licenziamento per superamento del periodo di comporto trova fondamento nel quadro normativo delineato dall’art. 2110 del Codice Civile italiano. In particolare, il secondo comma di tale articolo conferisce al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto, e quindi procedere al licenziamento del lavoratore, nel caso in cui l’assenza per malattia superi il periodo di comporto stabilito dalla legge, dai contratti collettivi o, in via residuale, dagli usi aziendali.

La normativa sottolinea la peculiarità di questa forma di recesso datoriale, poiché il licenziamento avviene senza la necessità da parte del datore di lavoro di dimostrare l’esistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Il mero superamento del periodo di comporto diventa di per sé sufficiente a giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro.

L’articolazione specifica della disciplina sul periodo di comporto, inclusa la sua durata massima e la definizione di comporto “secco” e “per sommatoria“, trova attuazione principalmente attraverso la contrattazione collettiva. La legge, tuttavia, interviene direttamente per gli impiegati, stabilendo limiti temporali in base all’anzianità di servizio.

È fondamentale sottolineare che la normativa non solo delinea il periodo di comporto e le sue caratteristiche, ma regola anche i casi in cui il datore di lavoro è esonerato dall’obbligo di preavviso. La legge impone al datore di rispettare il diritto del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro, anche in situazioni in cui le esigenze organizzative e produttive dell’azienda siano prioritariamente considerate.

La normativa di riferimento consente di costruire una cornice giuridica che delimita il licenziamento per superamento del periodo di comporto, stabilendo le condizioni e le modalità con cui tale forma di recesso può essere attuata da parte del datore di lavoro nel rispetto delle disposizioni legali e contrattuali vigenti.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto: la disciplina applicabile alle categorie protette

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto, nell’ambito della disciplina applicabile alle categorie protette, rappresenta una tematica di particolare interesse e complessità giuridica. Le categorie protette includono individui con disabilità o invalidità, ai quali la normativa del lavoro attribuisce specifiche tutele al fine di garantire una piena inclusione e partecipazione attiva nella sfera professionale. In questo contesto, la giurisprudenza ha affrontato la sfida di bilanciare gli interessi delle imprese con il diritto dei lavoratori appartenenti a queste categorie, al fine di prevenire discriminazioni e assicurare un trattamento equo.

Recenti pronunce hanno contribuito a delineare il quadro normativo e interpretativo in merito al licenziamento per superamento del periodo di comporto nelle categorie protette. Elemento centrale di discussione è la computabilità delle assenze legate a condizioni di disabilità o invalidità nel periodo di comporto, e la necessità di evitare discriminazioni indirette. La giurisprudenza ha sottolineato l’importanza di rispettare il principio di uguaglianza sul luogo di lavoro e di adottare accomodamenti ragionevoli per favorire l’inserimento lavorativo dei dipendenti disabili.

Tuttavia, la questione non si limita solo alla discriminazione, ma si estende anche all’analisi della normativa contrattuale e delle misure adottate dal datore di lavoro. È importante considerare se siano stati messi in atto accomodamenti ragionevoli al fine di garantire il rispetto del principio di parità di trattamento, tenendo conto delle specifiche esigenze e limitazioni legate alla disabilità. Inoltre, la valutazione della legittimità della finalità perseguita dalla normativa interna e l’adeguatezza delle misure adottate diventano aspetti di rilievo nell’ambito di situazioni di licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto: le ultime novità giurisprudenziali riguardanti le categorie protette

Il panorama giurisprudenziale sul licenziamento per superamento del periodo di comporto nelle categorie protette si è arricchito di ulteriori sviluppi, evidenziati da recenti pronunce.

Nel dettaglio, il Tribunale di Vicenza ha trattato il caso di un’operatrice socio-sanitaria affetta da endometriosi con un’invalidità del 35%, licenziata per superamento del periodo di comporto. L’azienda, nel computo del comporto, aveva incluso anche i giorni di assenza legati alla sua disabilità, suscitando le contestazioni della dipendente. Tuttavia, il Tribunale ha respinto l’argomentazione della lavoratrice, sostenendo che il datore di lavoro aveva adottato numerosi accomodamenti ragionevoli a suo favore, come la periodica sottoposizione alle visite mediche di controllo. Inoltre, ha evidenziato che la nozione di disabilità, secondo la direttiva comunitaria, non garantisce una tutela assoluta e il bilanciamento degli interessi tra il lavoratore disabile e il datore di lavoro deve essere preservato.

Sulla medesima questione si è pronunciata di recente anche la Corte d’Appello di Palermo secondo cui la tesi del carattere discriminatorio del licenziamento per superamento del comporto del disabile è superata in considerazione “delle numerose cautele che assistono il rapporto di lavoro dei soggetti disabili e che ne favoriscono l’inserimento lavorativo in un’ottica solidaristica, secondo una disciplina che impone al datore di lavoro un serie di oneri aggiuntivi, rispetto ai lavoratori non disabili, diretti a consentire l’espletamento della prestazione lavorativa dell’invalido in modo compatibile con il suo stato di disabilità” (C. App. di Palermo 111/2022).

Parallelamente, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza il 31 marzo 2023, n. 9095, confermando la nullità di un licenziamento di un lavoratore disabile per superamento del comporto. La Cassazione ha ritenuto che l’applicazione indistinta del periodo di comporto tra lavoratori non disabili e disabili costituisca una discriminazione indiretta. In particolare, ha sottolineato che il rischio di assenze legate a malattie per i lavoratori disabili deve essere considerato nell’assetto dei rispettivi diritti e obblighi e l’applicazione di un comporto breve per i disabili rappresenta una condotta indirettamente discriminatoria e, quindi, vietata.

Dall’analisi di alcune sentenze di merito emerge un chiaro dibattito su questioni legate alla discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori disabili in situazioni di licenziamento.

Un caso emblematico riguarda il Tribunale di Milano (Tribunale di Milano – sentenza del 6 aprile 2023), che ha dichiarato nullo un licenziamento di un lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto. Il lavoratore, affetto da gonalgia bilaterale, sosteneva che le sue condizioni rientrassero nella definizione di disabilità secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il Tribunale ha accettato questa tesi, sostenendo che il licenziamento discriminava in modo indiretto il lavoratore disabile, il cui rischio di assenza per malattia è intrinsecamente più elevato rispetto a quello di un lavoratore non disabile. Inoltre, è stato sottolineato che l’azienda non aveva adottato gli accomodamenti ragionevoli necessari per preservare il posto di lavoro del dipendente disabile.

Un’altra pronuncia significativa è giunta dal Tribunale di Rovereto (Trib Rovereto – sentenza 30 novembre 2023 n. 44), che ha confermato l’illegittimità di un licenziamento simile. Nel caso in questione, la contrattazione collettiva applicata prevedeva un periodo di comporto di uguale durata per lavoratori non disabili e disabili. Il Tribunale ha ritenuto che tale disposizione contrattuale costituisse una discriminazione indiretta, in quanto non teneva conto delle specificità e dei rischi maggiori di assenza legati alla disabilità del lavoratore.

Queste decisioni giudiziarie evidenziano la necessità che le parti sociali adeguino le norme contrattuali al fine di garantire la tutela delle categorie di lavoratori più deboli, come i disabili. Il concetto di disabilità, come delineato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, va considerato nel contesto del licenziamento per superamento del periodo di comporto, sottolineando l’importanza di accomodamenti ragionevoli e di distinzioni adeguate nei contratti collettivi. La giurisprudenza conferma così la prospettiva di vietare discriminazioni indirette nei confronti delle categorie protette, contribuendo a consolidare e chiarire il quadro normativo in materia di licenziamento.

Conclusioni

In conclusione, il licenziamento per superamento del periodo di comporto rappresenta un delicato strumento di recesso datoriale disciplinato dall’art. 2110 del Codice Civile italiano, che concede al datore di lavoro il diritto di risolvere il contratto di lavoro in caso di prolungate assenze per malattia o infortunio. Questa procedura assume un’importanza rilevante nel contesto delle categorie protette, che includono lavoratori con disabilità o invalidità, poiché la normativa del lavoro si impegna a garantire tutele specifiche per evitare discriminazioni e assicurare l’inclusione attiva di tali individui nella sfera professionale.

Le recenti pronunce giurisprudenziali offrono una visione dettagliata e articolata su come il licenziamento per superamento del periodo di comporto viene applicato alle categorie protette. La questione della computabilità delle assenze legate alle condizioni di disabilità nel periodo di comporto è stata al centro del dibattito, evidenziando la necessità di bilanciare gli interessi delle imprese con i diritti dei lavoratori disabili.

Le decisioni della giurisprudenza confermano l’importanza di rispettare il principio di uguaglianza sul luogo di lavoro, richiamando la necessità di adottare accomodamenti ragionevoli per agevolare l’inserimento lavorativo dei dipendenti disabili. La recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato la nullità di un licenziamento di un lavoratore disabile per superamento del periodo di comporto, sottolinea l’illegittimità di un’applicazione indistinta delle regole di comporto tra lavoratori disabili e non disabili, rafforzando così la tutela contro discriminazioni indirette.

Le pronunce di diversi tribunali italiani, come quelli di Vicenza, Palermo e Milano, mostrano una tendenza a valutare attentamente le circostanze specifiche dei casi,  soprattutto ove la patologia che ha causato l’assenza sia anche solo indirettamente connessa con la condizione di disabilità o questa abbia comunque agevolato l’estendersi del periodo suddetto, evidenziando la necessità di adeguare le norme contrattuali per garantire una tutela efficace delle categorie protette. In questo contesto, emerge la responsabilità delle parti sociali nell’adottare misure che tengano conto delle peculiarità e dei rischi maggiori di assenza legati alla disabilità, contribuendo così a costruire un ambiente lavorativo più inclusivo e rispettoso dei diritti di tutti i dipendenti. La giurisprudenza continua a svolgere un ruolo chiave nel consolidare e chiarire il quadro normativo in materia di licenziamento per superamento del periodo di comporto, fornendo importanti orientamenti per il diritto del lavoro italiano.

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Avv. Filippo Pasqualetti



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